La situazione attuale soprattutto nella parte orientale del Congo, grande come l’Europa Occidentale, la zona del Kivu, a confine ad est con il Ruanda e il Burundi e l’Uganda, è stato il teatro della prima guerra mondiale africana, nel 1996. Una nuova crisi è scoppiata in agosto, culmine drammatico con un milione e mezzo di persone in fuga da una parte all’altra del territorio. C’è una situazione umanitaria catastrofica con civili in trappola tra eserciti e milizie e la minaccia di epidemie. Lo spettro di un altro grande genocidio aleggia sul Congo: 15 anni dopo l’inizio della guerra.
Per la nostra comodità e per la nostra pigrizia mentale o anche per abitudini consolidate noi appiccichiamo a questi conflitti a queste guerre un’etichetta di guerra etnica, pensando con questo di aver semplificato le cose ma anche di esserci lavata la coscienza dalle nostre responsabilità in quei conflitti.
In realtà la crisi del Congo è figlia dei nuovi equilibri geopolitici e della gigantesca ricomposizione geopolitica in atto nella regione dei Grandi Laghi. Già durante il genocidio [ruandese] c’erano interessi contrapposti che vedevano non piú solo il blocco sovietico e quello occidentale, ma anche all’interno del blocco occidentale stesso, interessi anglosassoni e americani da una parte e francesi dall’altra.
Oggi c’è un altro attore che è entrato in campo nelle scacchiere dei Grandi Laghi: è la Cina. Quindi da un lato c’è questo riposizionamento di tipo geopolitico dall’altro invece il secolare problema di questo immenso territorio che è il Congo, che paradossalmente sono le sue ricchezze. E’ un Paese estremamente ricco, che viene definito da alcuni come un vero e proprio scandalo geologico: nel senso che non c’è risorsa del sottosuolo che non si trovi presente in Congo. Ci sono materie di grande interesse strategico, come l’uranio, e soprattutto c’è questa materia che è il coltan (colombo-tantalite secondo la denominazione scientifica). Il coltan è utile per la cosí detta new economy: che significa computer, impiantistica ed elettronica per i nostri aerei. Senza poi contare la presenza di immensi giacimenti di diamanti e di oro, tutto questo ha suscitato gli appetiti dei vicini del Congo e ovviamente delle multinazionali.
Il nuovo arrivato in questa corsa è la Cina che tra l’altro ha stipulato un contratto multimiliardario con il governo congolese proprio per delle miniere presenti nella zona del Kivu. Gli attori appaiono attori etnici, quelli che combattono e le vittime, ma le modalità e le motivazioni di questa guerra sono extra-congolesi.
Ma chi soffre di questa situazione? IL POPOLO, SOPRATTUTTO I BAMBINI!
In un conflitto in cui le braccia sono sempre poche c’è bisogno anche di quelle dei bimbi, che vengono RAPITI e portati a fare la guerra!
Alcuni di loro “barattati” con le bande di malviventi, salvati e reinseriti nel contesto scuola, ma provate a pensare cosa può significare per un bambino vedere simili atrocità…ferite indelebili, che rimarranno a vita!
Per questo motivo la Caritas diocesana di Chioggia, da sempre presente nei luoghi in emergenza sociale ed umanitaria, supporta il progetto di recupero degli ex bambini soldato della zona del Kivu, finanziando dei servizi presenti nel territorio e nelle scuole che mettono in atto percorsi psicopedagogici con del personale specializzato che aiuta questi ragazzi a superare i grandi traumi che la guerra ha lasciato loro, perché possano reinserirsi adeguatamente nel tessuto sociale e possano avere una nuova possibilità per il futuro!
Tutto questo è reso possibile soprattutto grazie l’aiuto di scuole, enti, privati, che supportano economicamente questa causa e che ci aiutano a lavorare ogni giorno per contribuire, nel nostro piccolo, alla rinascita di questo preziosissimo paese.