Il dibattito sulla tossicità dell’amalgama ha visto, negli ultimi anni, la netta contrapposizione tra parti che dovrebbero invece, per loro natura, interagire tra loro.
Esiste una profonda frattura tra il mondo odontoiatrico e la ricerca di base, i cui studi e risultati in questo settore vengono visti dal primo come una minaccia all’attuale stato dell’arte in campo della conservativa piuttosto che come un impulso al progresso nelle tecnologie dei materiali. Comincia a delinearsi inoltre uno stato conflittuale anche tra odontoiatri e pazienti, che rivendicano il loro diritto a ricevere informazione precise e scientificamente corrette riguardo alle terapie odontoiatriche di cui sono oggetto, per le quali devono poter esprimere il consenso in maniera attiva e consapevole.
Una risoluzione di questo stato di dissenso tra le parti in causa sarebbe altamente auspicabile affinché si possa realmente giungere ad una condizione di libertà per il professionista, correttamente edotto da una valida ricerca scientifica sia odontoiatrica che medica, sulle caratteristiche dei materiali che impiega e quindi libero di fare le sue scelte cliniche, e per il paziente, finalmente soggetto delle terapie e compartecipe nelle decisioni.
Da un punto di vista scientifico molti sono i quesiti che ancora necessitano di una risposta e sui quali la ricerca può e deve indagare.
Attualmente é un fatto innegabile che il mercurio fuoriesca dall’amalgama, che questo processo perduri per tutta la durata clinica dell’otturazione e che l’esposizione al metallo tossico che ne deriva, sia non solo reale ma anche di entità tale da risultare superiore, nella popolazione generale, a quella derivante dalle fonti ambientali ed alimentari.
Il destino metabolico del mercurio così assimilato é, nel suo complesso, piuttosto ben compreso ed é chiaro che anche esposizioni a basse quantità di questo metallo possono dare origine ad accumuli tissutali rilevanti.
L’aspetto ancora poco compreso e sul quale i dati sono in parte ambigui é la correlazione esistente tra intossicazione cronica da mercurio proveniente dalle amalgame e patologia, sia essa intesa come evento clinicamente palese o come alterazione di processi molecolari, anche eventualmente non manifesta da un punto di vista sintomatico.
Non é possibile liquidare queste carenze in maniera frettolosa, dichiarando che in 160 anni non si é mai notato alcun effetto avverso : ciò equivarrebbe a ridurre l’odontoiatria, e con essa l’intera scienza medica, ad una sorta di arte, basata sull’osservazione empirica e sulla sola intuizione data dall’esperienza. Occorre invece affidare questi quesiti a specifici settori della ricerca di base, affinché il reale impatto del mercurio su sistemi complessi, come quello immunitario e nervoso, siano studiati a fondo da chi ne ha le specifiche competenze, per poi fornire all’odontoiatra chiare indicazioni sugli effetti del suo operato. Questo perché, come più volte hanno sottolineato i ricercatori di Calgary, citando Carl Segan, “Absence of evidence is not evidence of absence”.
Pare inoltre necessario approfondire le conoscenze scientifiche sulla soggettività della risposta al mercurio, in modo da poter stabilire aprioristicamente quali sono i soggetti che maggiormente sono esposti al rischio di sviluppare reazioni avverse, specie di ordine immunitario, quando esposti ad una fonte di mercurio. Tale elemento valutativo entrerebbe a far parte di quella serie di considerazioni che permette all’insieme, rofessionista e paziente, di optare o meno per un certo materiale e permetterebbe di mettere in atto una politica di riduzione del danno atta a eliminare l’amalgama nei soggetti sicuramente suscettibili, al pari di quanto avviene per altri materiali per i quali esistono reazioni soggettive di ipersensibilità. In questo contesto si rende necessario ricordare che, dato l’elevatissimo numero di soggetti portatori di otturazioni in amalgama, anche effetti rari, riguardanti una percentuale minima della popolazione, coinvolgono un numero non trascurabile di individui.
Fino a quando non esisteranno specifiche direttive della comunità europea sulla questione amalgama o disposizioni nazionali quali quelle presenti nei Paesi Nordici ed in Germania, si può ritenere che il professionista abbia totale facoltà di scelta su tutti i materiali che impiega e li adoperi sotto la responsabilità.
Esistono tuttavia delle indicazioni chiare da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per quanto riguarda il mercurio, che ben si adattano a concludere questo studio : l’OMS, pur non avendo in sostanza una posizione negativa sulla questione amalgama e pur riconoscendo al materiale alcuni vantaggi operativi ed economici, opta, nel suo rapporto sul mercurio inorganico, per la progressiva eliminazione di tutte le fonti di esposizione al mercurio sostituibili con altre tecnologie, motivando questo orientamento sulla base del fatto che non esiste un valore di sicurezza per quanto riguarda l’esposizione al mercurio e quindi neanche un valore considerato accettabile. In particolar modo l’OMS sottolinea che non é accettabile alcun livello di esposizione nelle donne gravide. In quest’ottica, un dato é certo e incontrovertibile: tossica o non tossica l’amalgama é e rimane la principale fonte di esposizione al mercurio nella popolazione generale.